Maria Grazia Insinga
“Etcetera”. (Fiorina Edizioni, Messina 2017)
Milano, 16 giugno 2017
Gentilissima Insinga, la ringrazio innanzitutto di questo “Etcetera”:
un vero e proprio gioiellino editoriale. Da tenere sul tavolo
come un oggetto splendidamente decorativo. Bellissimi, e … metafisici,
gli acquarelli di Alessandra Verbella.
Ma quelli che più
contano, ovviamente, sono i testi. Appropriato e indicativo è
l’esergo che riporta la poesia di Rainer Maria Rilke su quell’animale
favoloso, surreale appunto, che è l’Unicorno. Questa citazione fra
l’altro scatena una dialettica poetica paradossale e passionale fra la
bestia, il mostro, il terrore e l’amore:
la beatitudine supera
la vocazione alla beatitudine …
mentre Paul tornava all’oscuro
col membro eretto per l’ultima volta …
La fascinazione del membro maschile, della bestia meravigliosa, e la sua amorevole fantasmatica minaccia:
… le giumente in minuscoli pruni scomposte
vi scendevano e di così sensuale
non avevo mai visto
Rammento
l’arte ‘scandalosa’ dei tempi di Oscar Wilde, nell’ipocrisia vittoriana
(posso dire, anche attualmente, per quanto attiene le pruderie di gran
parte della poesia pseudoromantica che svilisce il senso stesso delle
nascoste passioni?). Quando non si dà poesia senza passioni. Tensioni
sessuali potenti e per l’appunto anche paurose. E ricordiamo la
sensualissima Salomé che bacia la terribile testa di Giovanni:
un intero bosco di bestemmie silvestri …
…
lei è sana e io
maledetta!
…
l’odio tutto e l’amo di banale amore amaro
…
Se
è vero che la poesia si basa sulla selezione e combinazione delle
parole in una sequenza dominata dal principio di equivalenza (lo
stretto rapporto semantico e fonetico dei segni), in “Etcetera” tale
rapporto non è tanto, o solo, un principio di equivalenza secondo
questa ipotesi classica, quanto una realtà scritturale il cui rapporto,
al di là del ritmo (qui assolutamente diseguale) e delle figure
classiche, si pone fra esclamazione e tormento sensuale. C’è tutta una
insistita serie di figure traslate, ambiguità, polisemie da
transcodificare. Il lettore per l’appunto è costantemente chiamato a
ricollegare i vuoti lasciati dagli enjambement. Dovendo prendere atto
tuttavia che la parola
... non sa dire non c’è fine se non da finire
non c’è inizio non c’è inizio da iniziare
È
persin banale pensare a un’aura freudiana: va messo l’accento,
piuttosto, non sulle sequenze dell’inconscio, bensì della dichiarata
corporeità. Il dio è il corpo:
dentro il nicchio di ulivo preservate
il sacro corpo da sacrilegi
La
caratteristica costante, dal punto di vista formale, è l’asintattismo:
i salti, i baratri dell’espressione spingono all’idea, anche
figurativa, di una corporeità scritturalmente sovente distorta. Come,
si possono citare in proposto, solo per fare un esempio utile a
capirci, le fantasmatiche contorsioni surrealistiche delle ‘bambole
fanciulle’ di Hans Bellmer. Ma d’altro canto, per diversa via, sono
frastagliare e diseguali le stesse striature nervose delle conchiglie
di Alessandra Verbella.
È il corpo bramato e ‘massacrato’ del
Giovanni di Salomé. Acutamente nota Rosa Pierno: “La scena è non più
umana né divina, il divino vi appare come ciò che è ridimensionato
rispetto all’umano, ma anche l’umano, senza l’aiuto dei precedenti
recinti, smarrisce la possibilità di finire e la capacità di pensare
l’inizio”. Devo capire che i “precedenti recinti” altro non sono che le
norme innaturali imposte dalla stanca tradizione alla scrittura?