Giancarlo Buzzi

Il Centro di Ricerca “Letteratura e Cultura dell’Italia Unita” – Archivio della Letteratura Cattolica e degli Scrittori in Ricerca. Università Cattolica di Milano, ha promosso in data 22 aprile 2015 una Giornata di Studio dal titolo “Odisseico peregrinare”, L’opera Letteraria di Giancarlo Buzzi”. Relatori: Giuseppe Langella, Mario Lunetta, Giuseppe Benelli, Clelia Martignoni, Giuseppe Lupo, Antonella Doria, Giuseppe Varone, Silvia Cavalli, Daniela Marcheschi Amedeo Anelli, Antonietta Dosi, Gio Ferri, Milli Graffi, Marica Larocchi, Guido Oldani.
 
Giancarlo Buzzi è stato una delle voci più eccentriche della seconda metà del Novecento: a partire dagli esordi nel solco della narrativa d’ispirazione aziendale (“Il Senatore”, 1958, “L’amore mio italiano” 1963, “La tigre domestica”, 1964), fino al lungo monologo d’impianto joyciano“Isabella delle Acque” (1967-1977), figlio della tensione sperimentale che ha attraversato gli anni Sessanta e Settanta, o agli esiti contaminati di “L’impazienza di Rigo” (1997) e “Dell’amore” (2004), che radunano suggestioni architettoniche, innovazioni linguistiche, echi letterari. Da una produzione così eterogenea , eppure contrassegnata da costanti, scaturisce un’immagine di scrittore mai troppo incline ai gusti di mercato e delle mode, abituato a concepire la cultura all’insegna della provocazione, sfida e scherzo dell’intelligenza, inesausta ricerca di accensioni utopiche. Dopo averne acquisito le carte, custodite a cura di Silvia Cavalli il Centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia Unita”, diretto da Giuseppe Langella, organizza una giornata di studio un onore di un autore la cui opera letteraria è connotata da forti tensioni etiche e irrequiete istanze metafisiche.
 
Giancarlo Buzzi presente agli incontri è purtroppo deceduto qualche settimana dopo.
 
Estratti critici parafrasati dalla raccolta degli atti della “Giornata di Studio”.
 
 “Odisseico peregrinareL’opera letteraria di Giancarlo Buzzi, a cura di Silvia Cavalli  Ed.Interlinea, Novara 2017 (Collana “Biblioteca letteraria dell’Italia Unita, n.27), pp.199, Euro 18.
 
La laicità di Giancarlo Buzzi è quanto mai schietta è quindi eccezionale per la storia delle nostra letteratura fra ‘8 e ‘900, sebbene  non trascuri, quasi parodisticacamente, certa unzione lombardo-manzoniana (M.Lunetta). Comunque Buzzi non trascura, anzi ne è maestro, un ‘linguaggio amoroso’ non privo di sensualità talvolta mistica. Buzzi afferma che la ricerca della grazia da parte di Isabella – protagonista dei romanzi più recenti – si  spinge a una sorta di mistica appunto, tuttavia materialistica.
 
La ricerca linguistica e narrativa di Buzzi (ricorda G.Benelli) non può non riferirsi a una opinione di Giuliano Gramigna secondo il quale: “…Il grande romanzo, non è semplicemente una storia: è un grande sogno del linguaggio di fronte (dentro) le cose del mondo alla loro avventurosità inesausta”.
 
Particolarmente intenso e problematico è  NOTIZIE DAL CARTEGGIO BUZZISERENI (1949-1967) con rara acribia esaminato e commentato da C.Martignoni.Il rapporto con Sereni è amichevole, tuttavia problematico per certi aspetti scritturali. A ben valutare è impossibile che non possa esere tale: Sereni era certamente piuttosto lontano dalla evoluzione letteraria degli anni ’60.
 
Buzzi è un intellettuale prima destinato alla Olivetti e poi alla Bassetti nella visione olivettiana (“Comunitaria”, nasce un rivista dalla testata “Comunità”). Ma va sottolineato (G. Lupo) come la sua visione sia innanzitutto letteraria, al di là dei temi e delle funzioni “industriali”. Non senza per altro dismisure di critica sociale. Nei romanzi anche industriali, oltre che puramente ‘poetici’, si mischiano erotismo e denaro, ‘un’aura biblico- sapienziale con cui opporsi sostanzialmente, e ironicamente, alla ‘vischiosa sicurezza economica, la trsbordante civiltà del benessere’ (sempre secondo la conclusione corretta di G.Lupo).
 
In “SPERANZA E DISPERAZIONE” G.Varone evidenzia quella dolente e ironica istanza, e mancanza, di dialogo fra padrone e dipendete, tanto più quando quest’ultimo sia anche un dirigente.  La vicenda di questo ‘abissale’ tormento non nega, anzi, la speranza nella poesia.
 
In “BUZZI E IL ROMANZO SPERIMENTALE” Silvia Cavalli (lo abbiamo visto, curatrice di qusta ricca antologia critica) dedica la sua attenzione al romanzo sperimentale sostenuto soprattutto dal ‘Gruppo 63’ , da Anceschi ne “il Verri), da Vittorini e Calvino in ‘Menabò.  Ma è nell’aria degli anni ’60 questa esigenza di un rinnovamento del romanzo, sebbene Buzzi non abbia fatto parte dei relativi movimenti, diciamo pure rivoluzionari. E neoavanguardistici, dai quali non poche volte Buzzi è stato rifiutato, o emarginato. Conclude Silvia Cavali: ‘Pur con tutti i limiti  dell’etichetta romanzo sperimentale’  appare oggi necessario ‘ricollocare la narrativa di Buzzi all’interno del tempo e delle ricerche di cui è figlia’ (e per il lettore d’oggi anche storicamente rivelatrice).
 
Nel capitolo “INTERVENTI” Daniela Marcheschi approfondisce la natura filosofica del romanzo di Buzzi. Che, fral’altro, con la trilogia ‘Isabella delle Acque, l’’Impazienza di Rigo’ e ‘Dell’Amore’ affronta insolite tematiche nella ricerca vitale di una tensione fra prosa e poesia.
 
Amedeo Anelli rileva un “REALISMO PROSPETTICO” in Buzzi: ‘… fra levità e terrestrità e strutture desideranti, ed alta spiritualità… Buzzi  apre… prospetticamente lo spazio letterario fra alto e basso, semplice e complesso, concreto ed astratto, con la capacità di aprire nuovi… orizzonti di senso…e di non far spegnere una tradizione critica del porre e dell’interrogare’.
 
Milva Maria Cappellini riferendosi a  Il senatore’ (Feltrinelli 1958) nota, e già Buzzi lo fece risentito, l’equivoco realistico di letteratura industriale, quando, se una facile definizione è proprio necessaria, appaiono dominanti il mistero, la metafisica, la teologia stessa.
 
Antonella Doria ricorda un incontro-intervista con Buzzi e conclude più avanti con il detto di una protagonista, Ada, di “Dell’Amore”: Ma nell’inferno non sono, se dove c’è amore non c’è inferno.
 
Antonietta Dosi dopo aver ricordato i molteplici aspetti della vita e della professionalità di Buzzi, delle attività  dirigenziali e industriali, editoriali, e per il resto del suo lungo tempo, e infine per tutta la vita di scrittore, segnala  la sua partecipazione, fra l’altro all’utopia olivettiana. Perciò si sofferma con acute letture delle opere di Buzzi ad una visione generale che va DALL’IMPOSSIBILE CONOSCENZA DI UNA VERITA’ INATTINGIBILE…ALL’UTOPIA dell’IRREALIZZABILE… (si veda il titolo del saggio). Buzzi, ‘utopista’ e perciò raffinato scrittore propriamente per questa sua profonda predisposizione, non priva di ambigue progettualità di vita fortemente spirituali, trova, forse la sua certa illusione nel plurilinguistico e polivalente romanzo L’impazienza di Rigo, opera fondamentale per la letteratura italiana del Secondo Novecento.
 
Gio Ferri sintetizza il ritratto di Buzzi uomo e scrittore (e personale amico) fra l’altro rammentando il Quaderno n.2 della rivista “Testuale”, fondata nel 1983 e diretta con altri prestigiosi studiosi dallo stesso Ferri. Il Quaderno medesimo conteneva, e contiene ventidue saggi di altrettanti critici in particolare su Isabella delle acque. Parafrasando una convinzione della protagonista, si concludeva che il tempo è fermo nella potenza reiterata dei gesti. Il gesto della scrittura. Del fare (poiéin). Senza nulla attendere: poiché il gesto è già solo ciò che vogliamo: ESSERE E VIVERE PER AMARE.
 
Milli Graffi  guarda all’opera di Buzzi dal punto di vista della sua articolata e ‘mobile scrittura’. “Voglio dire,  c’è una continua stimolazione all’attività del lettore, spesso c’è un ammiccare, brevi tempi di intesa col lettore (non sembri paradossale tenuto conto delle tematiche. N.d.L.) che ha prima di tutto il dovere di divertirsi, e si diverte”.  Che è il senso ultimo della scrittura (e dell’arte in genere) non solo come verità ma come forma del piacere.
 
Il travaglio, la nascita, di tale scrittura in Buzzi viene rivelato da Marica Larocchi grazie anche alla dismisura della letteratura francese, della psicoanalisi e anche della lezione di Joyce (in verità nascosta, tutta da scoprire).
 
Guido Oldani scopre in Buzzi ‘uno scrittore impaziente’ che lavora al tratteggio  prolungato di un’unica opera incompiuta, nel senso che a ogni tappa il discorso non è mai concluso… ma sempre in crescita… Conclude Oldani: ‘La bibliografia letteraria di Buzzi, pur passando attraverso prestigiose case editrici, è stata accidentata, come lo è sempre il percorso dei guastatori di razza’.
 
Gli atti si concludono (ma la caratteristica del lavoro e della poesia narrativa di Buzzi fa sì che non si possano tirare facili conclusioni, ancorché in una giornata di studi assai pregnanti e ricchi di notizie) con una CONVERAZIONE CON GIANCARLO BUZZI di Mariachiara Irene. Fra le molte citazioni di Buzzi, durante la conversazione, può aiutarci a capire un poco di più il nostro autore un epigramma del Tasso: Io non posso gioire, senza di voi che siete il mio soffrire.