Marinetti e Pound Duchamp e Cage, per non citare i tuoi Rimbaud e
Nietzsche, e ancóra, Mallarmé con il suo Coup de dés, che tanto e
poi tanto hanno suggestionato la tua vena scritturale, tu hai
cominciato riflessivamente a concepire una idea critica di
metacritica, a scàpito di quella ermeneutica che i professori seduti
comodamente in cattedra universitaria bandiscono a suon di squilli di
tromba come «interpretazione», stai dicendo in giro che il libro
che stai scrivendo è l’ultimo della tua vita e ne è un esempio
tangibile che il presente capitolo
«controprove» è
all’interno
del titolo il poligrafo viator in
astratta semantica di significante. ne so qualcosa di questa tua
decisione: da sonatasituazione e g a Vesuvio e Plinio il Vecchio nel
gurge della logomachia intenderai perlustrare il ‘quantum’ del
tuo percorso di scrittura adempiente all’ufficio di verificare la
bontà o meno del tuo letterario filosofico. ¿non è cosí forse? è
cosí. e allora devo presumere che la ricognizione che intendi fare è
in realtà una nuova opera di libro, un volume vero e proprio che
andrebbe a congiungersi con tutto il tuo prodotto di una vita di
studioso; in aggiunta, mi è parso di udire che ‘il poligrafo
viator in astratta semantica di significante’ abbia tutta
l’intenzione almeno di porre lo sguardo laddove sono coltivati i
campi propriamente scientifici da terra a cosmo e loro traguardi
attualmente raggiunti - so, sempre per sentito dire, che hai un
‘debole’ per Heisenberg e il suo ‘principio d’indeterminazione’
-. infatti è cosí. dunque, con il volume che sta per uscire, il tuo
racconto non si esaurisce, anzi, ne vedremo delle nuove. speriamo.
ah, una parola: quello che mi hai detto è la piena mia intenzione,
ci sarà, se camperò, abbastanza presto, fra non molti mesi, questo
‘libro resoconto di bordo’; sono tante le Voci che, o non ho
udite ancóra o che le ho prese troppo al volo, e di loro non ho
necessaria coscienza mnemonica. potrei dire che sarebbe bene che ci
fosse un addentellato di sottotitolo al poligrafo viator delle
controprove: metabasi. non si finisce mai di spaziare nelle culture
scientifiche, oltre che di quelle umanistiche. molta acqua è passata
sotto i ponti. le nature piú inquiete sono la Natura riconoscentesi
in Sé Stessa. la Musica propriamente detta è asemantica, la Musica
nostra risuona nel significato significante. l’attore non è piú
ipocrita; questo c’insegna l’attore d’avanguardia. poematicità:
e se non è Dante, è Pound. il mio
«fascismo» rosso, ancóra: inquieto. noi
tutti,
ciascuno intento ai giorni e alle opere, siamo nel luogo della
cultura differenziata. (abbiccí).
e a noi tutti, dopo
millenni
di segni e scritture, presenti millenni
di segni e scritture, cifre e enigmi. è tutto. la semantica non può
che essere astratta, semantica, astratta.
dal pensiero dominante
alla
parola dominante, si scelga «filosofia»,
e che il «filosofo» ce la mandi buona. un modo di fare filosofia è
quello di non partire (col discorso) con lo stile prefigurato; nella
prefigurazione non si sarebbe in piena mischia di parole, una e una
in disputa nell’assegnarsi il ruolo di protagonista teoretico. in
un frammento di diario a firma di ricercatore si lègge: è sotto gli
occhi di tutti il ‘taglio’ - lo stile - con il quale il Nostro
faceva risaltare il proprio congegno di scrittura teoretica, da
frammento a aforisma, e viceversa. il ‘prossimo’ piú a noi:
eravamo stati allevati a suon di tema e svolgimento, con Carducci che
esalava l’ultimo respiro, e noi a ripassare nell’ora di libertà
filosofica gli annunzi di portata teorico-teoretica emessi da
Galluppi Rosmini e Gioberti, mentre, fuori in cortile, risuonavano le
note déi Fratelli d’Italia. a noi, giovani menti, era ignoto che
qualcosa nel pentolone storia della filosofia ai giorni nostri pure
ribolliva. a far da guardia ai rimasugli filosofici nemmeno la
pallidissima eco. nel vento dell’Occidente l’uscita felice era
improponibile, ma non ce ne davamo pensiero. e anno dopo anno,
scoprimmo da noi che l’Impero delle Idee dovesse essere visitato,
però avendo un occhio portato alla logica del pragmatico, ovvero
l’esistenza dell’essenza. in figura di vento nessuno che lo
imiti, che possa imitarlo. né può il Colosso muovere un dito. se
non fosse che la superficie inganna il buon raccontatore. discese a
valle, provò cavalcare il cavallo di razza, l’intenzione era
buona, ma, se non fosse stato per l’incidente - la caduta da
cavallo - tutto si sarebbe concluso nei migliori déi modi: si torna
a casa appagati da cento novelle che titolano ‘un asso
pigliatutto’! ¿ma siamo sicuri che basti l’abito per fare un
monaco? il concerto è d’altra idea: ¿oratoria di parvenza e
poesia alla stregua di vergine al sangue del vedere l’ascolto. qui,
la trama, l’ortodossia; e se è tragico, favoriti gli ascoltanti.
ci si è preparati al peggio, sicché si è recuperato un vasto
patrimonio di opere in piena libertà d’espressione; e come prima:
bene, le civiltà prosperano per annientarsi: seguiamone il tragitto
storico, e come loro aquile imperiali - civiltà la storicità déi
formatori - hanno portato ai popoli le bellezze da far esaltare …
gala e garbuglio, l’inevitabile rocca diroccata, stellari
stellanti, forme, ma non nascondendo il malcontento che … piú non
s’andò avanti, ragion per cui la legislazione conobbe inquietudini
avverse e controverse. a latere del filosofico ma che col filosofico
comunque c’entra nonostante parrebbe che il protagonista della
estrema vicenda non ne facesse elemento di fondo e profondo, infine
di esistenzialità penosa sí: al centro del riferimento il suicidio
di Hemingway - ¿H. fascista, H. l’ultimo dannunziano? (a me
Hemingway piace come scrittore); Margau, destino di famiglia? ¿e la
letteratura, dove la metti a proposito di Hemingway? -. a morire sono
sempre gli altri, e non è una frase fatta; innanzi alla Morte tacere
è necessario, acccettare il silenzio. a lavorar di fino è una
scommessa, si pone la personale dignità di pensante in quota
“corrono voci sul tuo conto: ti esponi troppo al giudizio degli
altri, tanti déi quali non usano tanto il cervello nel parlare di
caio œ sempronio”. e giacché ci siamo, diciamo non fra parentesi:
i miei limiti sono tutti concordi nel sentenziarmi quale uno
sprovveduto che pensa elementi di segno altro senza alcun apporto di
preparazione scientifica; inoltre i sopra detti sostengono che il mio
sapere di filosofia lascia alquanto a desiderare. ¿dovrei allora
ritirarmi dall’ufficio del pensare e mettermi a lèggere un libro
ameno e pazzarellone, tipo un Premio Letterario? molte teste mozzate
perché non gradite ai massimi Comandi; e non finisce qui la triste
storia déi non desiderati: molti, troppi, autori, che se la sono
vista brutta con il loro partecipare al colpo di dadi secondo
dottrina dell’azzardo, non sono ascoltati dai piú perché cosí
voluto dai signori responsabili della cultura popolare, quando invece
l’ascolto è la prerogativa dell’interrogante «al limite». un
arcano sfiorato, ne segnò il passo, ma fu come se il fuoco non desse
piú né luce né calore, non fosse piú sole; eppure era stato tutto
preventivato e predisposto: l’abito della festa; ma la fiumana
degli avvvenimenti e degli eventi non torna indietro, è impetuosa e
impietosa, nel suo travolgere mette a dura prova la consistenza delle
sue rive, e tutto ciò a quadro generale della ruota del mondo.
l’antropologico, che è l’essere:noi, è il materiale ancor piú
sfuggente del materiale in vastità cosmica e occulta. ¿cultura
raccogliticcia? ¿che ne sai tu del mio raccolto? ho seminato e ho
raccolto, il tempo del mio studio faticoso, sul piano delle idee -
anche se contrastanti fra loro - ho le mie soddisfazioni in quanto mi
hanno giovato in linea con la lettura e l’apprendimento di nuove
conoscenze - la classifica déi saperi è in pratica ordinamento
continuativo -, la mia cultura. esplicitamente: piú di ogni altro,
Heisenberg.
ma non per fare nomi,
¿dovrei
forse fare nomi? a mo’ di
ringraziamenti: grazie a Voi, Nomi, posso permettermi il lusso di
dichiarare - statement - ‘io sono RP e ho bevuto alla Vostra fonte
la Vostra acqua fresca’; non faccio nomi, ma li ho fatti, dispersi,
in queste pagine di volume Vesuvio e Plinio il Vecchio nel gurge
della logomachia - Vostra -, non fatemi ripetere, non fate che mi
ripeti … Rimbaud e Nietzsche, Mallarmé e Marinetti, Duchamp e
Cage, Webern e Varèse, e Chiari, Finnnegans Wake, Villa l’Emilio e
Abraham Lincoln Gillespie - The Syntactis Revolution -, Carmelo il
Bene (bene gli altri), una metascrittura! ma già in tempi addietro
il plurilinguistico della Comedía dantesca … da augurale il
riaccendersi déi fuochi di destinazione per destinazione e mio
intento è dare locus a τέχνη, dopo λόγος, l’abbiccí.
¿c’è grammatica vivisezionata? una metagrammatica! ¿ma allora
ribadisci, testardo, che la tua semantica è astratta? e io: realtà,
concreto, la vita contrapposta alla finzione dell’arte … ¿il
cielo troppo alto per essere sfiorato dal nostro occhio? gli
avvertiti sperimentano ciò che vive nella loro mente. menzione ipso
facto del Sé Stesso come fosse il bianco della prima volta e a
tacere il bello della trovata, cosí si ammise che si potesse fare
della filosofia senza sproloqui con un materiale di scarto, una vita
vissuta ai margini della credibilità Accademica. l’evidenza del
dato ha buon racconto da raccontare. e lode a
Feyerabend. a patto
che lo
stilo sía confacente all’atto della
prova, cioè stilo ovvero scrittura. la scrittura, il corpus del
testo. Testualmente.
¿mi soccorrerò?
dell’incidere
σήματα, Emanuele Severino: in
qualità di assistente incaricato presso la sua cattedra iniziai il
mio percorso universitario.
chiediamo a un Cage
piuttosto
che a un Chiari che cosa possa essere
la musica nel nostro tempo di postneoavanguardia. sto in appunto di
appunti. ¿che mi dice κίνημα? io stesso all’economista: di
Marx, il titolo è Per la critica dell’economia politica, in
appendice la famosa «Introduzione del ’57». Μέθ-οδος, e mi
permetto l’antica Rocca, l’antica Vestigia.
Χ un interrogativo il
lèggere,
viene il piacer mio
dell’erica, anche perché
l’erica, ‘immagine e imago multo’. RP Xάος/Κόσμος! e
sempre, insufficiente il nome scelto per il Grandioso Χάος/Κόσμος!
la discesa agl’ínferi in
vista della prosa
edizioni il
bagatto bergamo 1981 Niccolò Machiavelli con lui comincia veramente
la prosa, cioè a dire la coscienza e la riflessione della vita …
ridotto in solitudine, pensoso sopra i volumi di Livio e di Tacito,
ha la forza di staccarsi dalla sua società, e interrogarla: Cosa
sei? dove vai? (F. De Sanctis, Storia della letteratura
italiana). molte
sono le prose. la prosa sportiva, la prosa del Calcio e della
affabulazione di Gianni Brera, la prosa del Tennis e della
affabulazione di Gianni Clerici. ¿e la prosa di RP? ¿e questa prosa
di Vesuvio e Plinio il Vecchio nel gurge della logomachia?
RP parlerebbe di sé stesso! ¿e chi vorrebbe ascoltarlo?
non
ha vinto nessun premio letterario, non idoneo a essere accolto dai
filosofi accademici; un cane sciolto, che se la racconta addosso; lui
proclama di essere intellettualmente un inquieto, anzi: un in-quieto;
comunque, al suo séguito, una mezza dozzina di giovani. l'opus di
auctor non deve avere come titolo
The
Grammatica
Revolution. non mi capàcito: il fuor di dubbio non deve piú sfiorare labbra (h)umane, noi dobbiamo metterci al megafono e urlare con tutta la forza che abbiamo in gola che il SEGNO della SCRITTURA è sic et simpliciter SIGNIFICANTE.
dopo teatro un teatro primo passo, l'esistenza non è in un quadro, il pensiero che trascenda il reale è la prova del concetto e non della teologia, radicale è la nuda parola in possesso della sua sovranità legittima di parola.
(A. Rubino, Ex-libris)
devo alla scrittura ciò
che scrivo
dietro il sipario calato, vla vita
non si può non essere wagneriani dopo la Venezia 1883 13 febbraio, qui e oggi possiamo dichiararci essere i visionari nel vedente la parola wagneriana.
la rialfabetizzazione è un percorso lungo.
x x x …
¿l’incontro
non avvenne a
Teano? ¿avvenne a Caianello?
questo il sunto:
citazioni a non
finire, letture scórse sia a tarda notte sia in antelucano -, una
mente fervida, e fervida l’imago. quando è che … ¿del «mio»
pensiero sulle
eterne Muse?
nottetempo
e via a
lavorare sfidando il bianco di pagina.
ciascuno nel proprio
essere
ciasc’uno,
demonicamente il
demonicamente. e in tutto e per tutto, demonicità! un caro saluto va
rivolto a Penelope Rosemont, non temo l’Industria Culturale -
comunque
m’ignora, il
suono come il silenzio del songe
… le conseguenze sono:
album di
famiglia, in termini strettamente filosofici (?),
Lindbergh l’Oceano Atlantico; e
ora mi rendo prezioso, con il mio d’Annunzio, con il suo Alcyone,
con il suo Bocca di Serchio :
«Tanto di terra in un sol dí varcammo / quanto varcava Pègaso di
cielo.» mi ripercorrerò, sarò opera-libro opera-saggio opera e
punto fermo, da sonatasituazione e
g, e
in
avanti, ad oggi, inesausto. quale parola lontana …
¡quanta massa di segni!
¿tutto
perché non si sa discernere? ¿perché i vuoti di memoria? io ne ho
uno, vistoso: una mia andata a Roma, una specie di fuga da Milano,
¿forse da una situazione personale insostenibile. non so, ne ho
perdute le tracce, eppure mi pareva di avere ‘vita’, no, proprio
tutto nel dimenticatoio. il tempo della mia ‘scoperta’ di colui
che sarebbe diventato «il filosofo», Emanuele Severino; a quei
tempi, nessuno sapeva chi fosse, dico nel popolo eletto
degl’intellettuali. a mia conoscenza, La Struttura
originaria venne dopo:
nella mia
lettura severiniana vennero prima Il sentiero del giorno
e La terra e l’essenza dell’uomo.
¿chi gli starebbe alla pari? dubito tra i viventi, anzi l’escludo
anche come ipotesi.
¿sto al mio posto legittimo?
ordunque, ἦ ‖ ∏ ▓ lo
so, ho firmato «anarchia alfabetica» e «rialfabetizzazione»: come
presunzione non c’è male da parte mia. @, e dopo? mi salvo:
qui-e-ora, l’eterno. appendice legittima a porsi. oltre ogni passo
l’albero è sœgnato piú prossimo a noi i temperanti - l’albero!
fra gli alberi … -. il coronamento del romanzo della mia vita sía
avere un lettore attento nel leggermi quale romanzo della mia vita,
un lettore, uno solo, attento nel leggermi a romanzo della mia vita;
sarebbe come non aver perduta la mia vita di romanzo, di epica
incerta.
ricerche ma … questo e quel …
C’È … di …
SILENZIO … |… FIRMAMENTUM …
questo e quel … CHIARO … ¿non
si è forse … ? ¿è per ciò
che si scrive confondendosi nelle parole di concetto?
figura di Labirinto. competere
con τέχνη che è da origine di nostro sangue, attende solo che
la disciplini idea dotta. brani, a squarci di scrittura, la guerra
dello spirito, lancia in resta. mastio, aprendo una breccia. so della
parola
quello che un buon
diavolo di capace può sapere, parole alte - poche -, parole basse -
beh, non proprio poche. avverto che della parola ὁ λόγος posso
solo sostenerne la grafia cosí come la fonia - e in tal modo è
facile a chiunque, anche a coloro che della lingua greca sapessero
solo questa parola, logos -. ¿sono un intellettuale? lo lascio dire
a chi mi dà dell’intellettuale. comunque l’intelletto non mi
manca, ma non ne so la portata. ¿povero in canne? direi proprio di
no, sono un docente decente in fatto di studi della parola
elementare, non di piú, un equilibrista a stento nel far quadrare
questa benedetta parola, elementare che sía. nazionalismo decoroso a
parte e cambiando pagina: ¿sarei all’altezza del raffaele perrotta
di insignia?
vado contando e
forse cantando i miei pensieri.
¿quale qualità di
Parola per la Storia? culturæ
da
coltivare. clangore. i Gradi per genialità,
equilibrando sia il Potere sia i Molti.
¿opera scientifica Vesuvio
e Plinio
il Vecchio nel gurge della logomachia? ¡opera, opera!
cosí incitando
l’eloquente, questi si mise in carreggiata
riprincipiando i cicli dell’eloquio.
appendice
frammento: il problema della
espressione. alla prossima volta,
l’edizione.
ho preso atto della
tua ricerca, ma mi riterrei soddisfatto se tu mi
spiegassi il suo ‘svolgimento’ discorsuale. già, il discorso. il
discorso dis-corre di sé stesso in sé stesso, animato da quei
particolari che diconsi sintagmi. il complesso del discorso è la
serie delle tracce che il significante ‘impressiona’ lungo il
complesso del discorso. per buona pace déi logici, i segnali
provengono dal segno, e il segno è il costituente il discorso, la
massima espressione. è tutto, la verifica è sul campo - del
discorso -, il discorso che non è altro che il significante, dal
primo sintagma all’ultimo del discorso in questione.
altro argomento: non ci
sarebbe Discorso se non ci fosse la Storia -
chiamata pure Tradizione -. intendo dire che, pur concedendoti il
significante come atttuazione del discorso, nella modalità del
discorso nel suo complesso, il significante ‘svolge’ un ufficio
rientrante in quel significato, e nell’iter del discorso, o senso,
che mi pare tu non tenere presente. ti replico: certo, la Storia, e
dunque il Discorso Significato Plurale e per ciò Senso, ma no tema
senza sema. scusami, ma qui faccio punto perché no tema senza sema
è il ‘punto’.
addenda ‒ discorso
avviato, rispettando un precetto di scrittura,
potrebbe arenarsi in una insopportabile monotonia di esecuzione
scrittoria. al sommo grado del disciplinabile, l’arduo studio di
etimologia, semantica, retorica e stilistica, i princípi di μέθ-οδος
in epistemologica per attraccare a discorso. ¿quale artiere nei
pressi?
d’improvviso, ho
cambiato casacca, e non perché voltagabbana. mi
andava stretta la casacca gettata alle ortiche, casacca nuova e
splendida adorna il mio petto fiero, non farò imprese da far
entusiasmare la gente del mio popolo, però ce l’ho messa tutta per
poter fare qualcosa di decente, una paginetta di ben poche righe,
atte a far approssimativo chiaror filtrante il buco nero del rapporto
soggetto/oggento, questione non da poco. il consesso déi monarchi
tace su tutta la linea monarca, ignora i miei smarrimenti
intellettuali, culturali in genere. l’uomo è ancóra (h)uomo, i
bollettini sono di guerra, siamo in tempi spietati, quasi al
barbarimento e non negoziati almeno di armistizio, ma tengo duro, so
pur difendermi dal vuoto che si crea tra me e loro, i lettori che
non vogliono vedere il mio labor per il mio opus; io e la mia
officina ci facciamo compagnia, e se ne stiano pure lontano da me i
miei detrattori. ¿che aggiungere? ah, sí, non completata la
requisitoria: ancóra non fruttano i termini della mia questione:
¿letteratura e filosofia o filosofia e letteratura? e comunque,
entrambe, nella mia officina, con poco mordente; del resto, stabilire
due pezzi enormi della problematica dottrinale come le citate
letteratura e filosofia o
filosofia e letteratura
si dovrebbe chiamare in causa un dottore che veramente la sapesse
lunga. sono consapevole di non aver mirato il bersaglio: tutto come
prima; letteratura … filosofia … filosofia … letteratura, tutte
e due da questione. come i to be o not to be di memoria scespiriana.
l’importanza di una Città Universitas del Sapere la Conoscenza si
misura con i due piatti della bilancia. a ogni buon conto, io penso
che il qui mio discorso concernente queste ultimissime righe dovrebbe
essere corroborato da un bravo storico di esperienza aldi sopra
dell’azzurrato d’ombra. e non mi piace il ribalto delle cose,
perché «cosa» è/non «insussistenza», per il tanto che si deve
all’improvvisato della materialità, se ne deduce che al dunque
sono da trasferire imprese d’ arme, come da ex novo. piaccia o no,
la sentenza: la vita attende da una vita «la
Vita». in
quesito di
filmmakimg, è da concedersi massimamente il luogo caro all’onore
dell’attimo fuggente, l’instant-movie. non piú che tutti non
abbiano a godere il franco darsi a sé stessi. marzialità, non
obbedendo che al certame delle parole. è palese che un discorso
complesso mostri la forma del limite, sapendo che di noi non è
creatività.