Antonio Rossi,
Brevis Altera”, Book Ed. Ro Ferrarese 2015

Lesa sul Lago Maggiore, 16 settembre 2016

Caro Antonio,
grazie di Brevis Altera che vado leggendo e rileggendo con vivo interesse. Sì: come segnala una tua nota il richiamo musicale (nota breve alterata) è formalmente riferibile alla tua poesia e in particolare a questa tua accolta e alla sua rarefatta atonale scrittura. Tra ritmo e senso si instaura una dismisura che della realtà coglie, prima delle facili apparenze, i richiami occulti, gli antefatti delle cose di una sensitività tanto vitale, quanto misterica (mistica?).

In copertina è riportata una lineare vibratile astrazione, In die weite Welt, della pittrice Nina Nasilli (la cui opera non conosco, ma mi piacerebbe conoscere!). Il trittico di segni (due liberi ampi e verticali e uno minimo, in dialettica con l’ampia vastità, verticale corniciato) e il titolo mi riportano alla terra desolata (Eliot, ovviamente) e a quella storica struttura formale che, durante la presentazione di un’altra tua raccolta in una libreria di Monza, modestamente riferii all’astrazione (lineare pur essa in vastità universe) di Mondrian: parallelismo che non piacque all’amico e maestro Agosti – che Mondrian non ama per nulla, ma che, per me (e mi scuso della affettuosa protervia), segna molte scritture della mia poesia e di molta poesia tesa all’astrazione. Compresa certa visual poetry.

Ma qui, nei tuoi versi, e nello stesso Mondrian, la ‘desolazione’ è vitalizzata appunto nella sequela dei vastissimi ritmi spaziali. La terra non è desolata (pur nella sua visione illimitante e sovente dispersa) perché la vita, oltre ogni oggettualità (appunto), è mossa da disvalori formali che ne fanno una assenza di verità altra, come si diceva una volta. E, come ben sappiamo, molta musica a noi contemporanea (solo per esempio penso a Salvatore Sciarrino tra memorie onomatopeiche e ritmici silenzi…) si è formata entro questa propensione (leggo il passo II della tua raccolta).


                         Ecco allora da questa ‘musicale’
Brevis Altera:


Lama e vertice
quale propensa superficie
con esattezza incidere
o lenire senza che uno strato
danno subisca o sfregio
così che intatto rimanga
nella frequente penombra
forse già sanno.

L’incisione nella superficie intonsa non crea rotture. L’ampia spazialità rimane intatta: pregio della pura parola poetica.

E ancora:


Per mancata follia
tacciono le acque dall’errare
si astiene il luppolo
renitente permane fra il mobilio
lo spartito
depauperate si credono
le braci e meno significa
un incolume ripostiglio
se un’esigua frazione di luce
intuita e subito preferita
è dal suo habitat divelta.



Il rapporto con la natura è stretto e problematico in quanto la mancata follia del poeta rivolta all’insensato senso fa tacere ogni facile simbolismo, per aprire spazio e parole a quella frazione di luce che giunge intuita e preferita oltre ogni banale ragionevolezza.


Senza ostacolo si giunge
fuori mano per scoprire
lamine desuete o un refe
strappato e oltre tenue
discesa ornamenti e fogliame
da maltempo trascinati
nel sottinteso luogo dove
indugio non è pensato.

Notevoli e insistiti e coerenti con l’ambiguo senso sono gli enjambements che, derivati, come è noto, dal francese enjamber (oltrepassare il campo altrui) sono in quest’ultima poesia in particolare la ragione dell’andare oltre, fuori mano:

per scoprire / lamine desuete

che è propriamente il fare del poeta.