Errata corrige

Cfr. “TESTUALE” n.50
di
Giovanni Infelise, “L’ordine discontinuo dell’indicibile”
È qui interamente ritrascritta, debitamente corretta, la poesia
“L’ALCHIMIA DEL DISORDINE”
che nel testo pubblicato recava alcuni errori nella separazione delle strofe:

 

L’insidia del tratto arido e finito,
filiforme reliquiario di avanzi,
curvo s’adorna e ripete
la nomenclatura del tempo
senza il ristoro di mète remote.                                                      5

Ma dal tagliente fuoco
e dal burbero sguardo
scivolando sotto le ombre
di lingue sacre e scintillanti,
sospirando sopra amorosi flagelli                                                   10
di occhi e labbra,
posa un’antica agonia
che piegherebbe
del piú longinquo angolo
il vertice.                                                                                               15

Ora siediti e parla,
siedi vicino e parla
del passaggio, della perplessità
cui fu preso appena l’amore,
quel laconico addio                                                                           20
che in un dono s’accese
e un sorriso stese al sole,
sulle mani di chi sterra l’inferno,
la sregolatezza,
che confessa ogni maledizione                                                      25
e conforta ogni cosa
avvolgendo parola e sogno,
le avarizie del cuore,
la materia del disordine.

Nessuno ha piú coraggio                                                                  30
poiché prossimo è ciò che affligge
piú della distanza, piú del nome,
del diniego che resiste all’assenza;
non una parola spoglia
una rosa né il silenzio le lusinghe,                                                   35
confuso è ciò che resta sommerso,
diviso in acque e musica,
nella vita che assedia la morte.

Umano può dirsi il disprezzo,
umanamente disumano,                                                                   40
perduto nel suo lato migliore,
paura e una reticente indolenza dall’altro …
– cos’altro le ferite affissero alla carne,
a quelle lingue di pura mitezza?

 

Di canti la trama si tinge                                                                   45
e brucia ogni pietrosa coscienza
che dalla sua finestra
apre alla notte in rovina,
alla solitudine del silenzio.

Urla l’angoscia e dire si potrebbe,                                                  50
a un tempo fidato, l’orrore
che brucia ogni virtú,
ogni bontà, forma o costrutto.

Se la luce brucia – tra minacce oscure –
non voltarti, non voltarti ancora:                                                      55
ogni lume sul mare
conosce l’inizio e la fine
del fiume che ti riporta e ti estingue
nel labirinto della speranza.